Liturgia del Sabato Santo

Pubblicato giorno 26 marzo 2016 - In home page, Riflessioni al Vangelo

A cura di Don Pasquale Somma:
Il Sabato Santo la Chiesa sosta presso il sepolcro del Signore, meditando la sua Passione e Morte, la sua discesa agli inferi, astenendosi dal celebrare il sacrificio della Messa (la mensa resta senza tovaglia e ornamenti) fino alla solenne Veglia o attesa notturna della Risurrezione. L’attesa allora lascerà il posto alla gioia pasquale, che nella sua pienezza si protrarrà per cinquanta giorni. In questo giorno si può dare la comunione soltanto sotto forma di viatico.

La nostra umanità ha nella sepoltura l’ultima tappa della vita terrena. La morte sembra avere la parola conclusiva sull’esistenza umana. Anche Gesù è stato posto in un sepolcro; così, la sua solidarietà con gli uomini non si è interrotta. Scendendo nel “regno dei morti”, negli inferi, ha incontrato tutte le generazioni passate, dai progenitori fino al buon ladrone che lo ha accompagnato nella morte sul Calvario. Disceso negli abissi della terra, Gesù ha dato inizio alla risalita, convogliando dietro di sé tutti i giusti per introdurli nel regno della vita, nel paradiso del Padre. In tal modo, Gesù si è rivelato vincitore non solo della sua morte, ma della morte in assoluto. Egli dà inizio a un’altra vita, nella sua umanità trasformata in “corpo spirituale” e rigenerata nella gloria. Il Sabato Santo ci educa a capire i “silenzi di Dio”, la sua apparente “assenza”, la trascendenza assoluta della sua Parola. Anche la liturgia si adegua a questa forma di comunicazione, per farci capire che ogni sua parola non è mai esaurita dalla nostra comprensione creaturale: c’è sempre un “oltre” che resta ineffabile e trascendente. Non si tratta di una percezione puramente psicologica, bensì dell’assoluta trascendenza del Dio vivo e vero, che è “altro” e incomprensibile all’uomo. La tradizione dei Padri della Chiesa ha sviluppato la teologia “apofatica” (ineffabile): Dio resta inesprimibile a parole umane, ma è raggiungibile attraverso l’esperienza mistica. «Nel mistero del Verbo incarnato risiede la potenza degli enigmi e delle figure della Scrittura, nonché la scienza delle creature sensibili e intelligibili: Colui che conosce il mistero della croce e del sepolcro, conosce la ragione di essere di queste creature. Ma colui che è stato iniziato alla potenza nascosta della risurrezione conosce il fondamento finale sul quale Dio, nel suo disegno, stabilisce ogni cosa» (Massimo Confessore, Capitoli sulla teologia e l’economia, 66). Oggi la liturgia ci conduce a penetrare il “mistero della croce e del sepolcro”. Il realismo con cui il Figlio di Dio è totalmente solidale con noi, tranne per l’esperienza del peccato, mostra quanto la nostra salvezza sia stata radicale: egli assume e vive la nostra vicenda fino alla sepoltura, per indicare che anche la nostra morte e la nostra sepoltura sono redente. Gesù ci accompagna nel sepolcro ed è lì che egli apre a noi un varco per la vita eterna.