Luca 13,1-9

In quel tempo si presentarono alcuni a riferire a Gesù il fatto di quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva fatto scorrere insieme a quello dei loro sacrifici. Prendendo la parola, Gesù disse loro: «Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subito tale sorte? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo. O quelle diciotto persone, sulle quali crollò la torre di Sìloe e le uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo». Diceva anche questa parabola: «Un tale aveva piantato un albero di fichi nella sua vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò. Allora disse al vignaiolo: “Ecco, sono tre anni che vengo a cercare frutti su quest’albero, ma non ne trovo. Tàglialo dunque! Perché deve sfruttare il terreno?”. Ma quello gli rispose: “Padrone, lascialo ancora quest’anno, finché gli avrò zappato attorno e avrò messo il concime. Vedremo se porterà frutti per l’avvenire; se no, lo taglierai”».

Riflessione a cura di Don Pasquale Somma :
«Il sangue dei martiri è il seme dei cristiani» diceva Tertulliano nel II secolo, come a voler dare una spiegazione di tutti quei morti, perseguitati e uccisi a causa della fede. Oggi, molti secoli dopo, ci potremmo chiedere se da quel seme è cresciuto un albero robusto, che porta frutto abbondante. La nostra fede è tanto forte e salda così che potremo presentare frutti al Signore quando lo incontreremo? Ricordiamo, certamente, le recenti immagini di quei cristiani, vestiti con tute arancioni, che, camminando sulle rive del Nord Africa, circa un anno fa, mentre invocavano il Signore un’istante prima di essere decapitati dai terroristi islamici. Erano uomini credenti, che non avevano rinnegato la fede in Gesù e avevano preferito morire. Perché succede tutto questo? E Dio, il Dio che loro invocano, perché non ha fatto nulla? Hanno forse meritato questa morte? E Dio è indifferente? Anche Gesù, a cui i suoi coevi pongono queste domande, non ci aiuta. In quel momento non fornisce una spiegazione alla sofferenza innocente – lo farà con la Croce – ma ci avverte: dobbiamo cambiare prospettiva. Non è la domanda sul perché, quella a cui bisogna rispondere, quanto piuttosto la questione sulla nostra preparazione, sulla nostra conversione. Dio conosce le ragioni; noi, con fiducia, dobbiamo dunque prepararci per il nostro incontro con il Signore, portare il nostro frutto da consegnare nelle sue mani. La parabola di Gesù ci dà un’ultima possibilità. Ancora una volta, ancora quest’anno, il Signore curerà l’albero. Ancora una volta farà tutto il possibile per aiutarci a dare il frutto che dovremmo portare. Coglieremo quest’occasione, l’ultima?