Dal Vangelo secondo Luca
Un sabato Gesù si recò a casa di uno dei capi dei farisei per pranzare ed essi stavano a osservarlo.
Diceva agli invitati una parabola, notando come sceglievano i primi posti: «Quando sei invitato a nozze da qualcuno, non metterti al primo posto, perché non ci sia un altro invitato più degno di te, e colui che ha invitato te e lui venga a dirti: “Cédigli il posto!”. Allora dovrai con vergogna occupare l’ultimo posto. Invece, quando sei invitato, va’ a metterti all’ultimo posto, perché quando viene colui che ti ha invitato ti dica: “Amico, vieni più avanti!”. Allora ne avrai onore davanti a tutti i commensali. Perché chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato».
Riflessione a cura di Don Pasquale Somma:
Siamo nello stesso contesto del Vangelo di ieri, la casa del capo dei farisei, dove Gesù si è recato per pranzare. Ed è proprio prendendo spunto da questa circostanza concreta del banchetto, a cui Egli partecipa, che Gesù ci offre non solo un’esortazione morale ma anche e soprattutto un insegnamento sul Regno di Dio e sulla sua logica. Il tema è molto simile a quello del Vangelo che abbiamo ascoltato martedì scorso, ma la similitudine ci offre ulteriori spunti di riflessione. Il Signore, osservando come gli invitati sceglievano i primi posti, dice di non farlo; anzi raccomanda di mettersi all’ultimo posto. Chi sceglie il primo posto, infatti, potrebbe poi doverlo cedere a qualche ospite più illustre; a chi invece sceglie l’ultimo posto sarà il padrone di casa in persona a dire di avanzare. Non a caso Gesù parla di un banchetto di nozze: vuole richiamare il banchetto di nozze dell’Agnello, in cui lo Sposo è proprio Cristo. A quel banchetto del Regno di Dio chi si esalta sarà umiliato e chi si umilia sarà esaltato. L’invito che Gesù ci rivolge oggi è a non lasciarci ingannare dalle chimere che promettono la felicità ma non la danno: carriera, successo, posti d’onore, saluti nelle piazze. L’affermazione di sé e l’autoesaltazione non portano a nulla. L’immagine del mio profilo ricavata dal monastero del Carmelo a Cagliari sintetizza proprio questa scelta di vita. Agli occhi di Dio e per conseguire la felicità, chi appartiene al suo Regno deve riconoscere umilmente la propria piccolezza. In realtà però l’umiltà è molto difficile da conseguire se non si sperimenta l’umiliazione. Non sempre ma spesso è così: nella maggior parte dei casi chi è umile ha sperimentato cosa significa essere umiliati, anche ingiustamente, e ha accolto questa prova come un’occasione per riuscire gradito a Dio. C’è di più. Chi è umile preferisce andare incontro a chi non può ricambiare i suoi favori: il brano del Vangelo, infatti, nei versetti successivi (Lc 14,12-14) suggerisce a chi offre un pranzo di non invitare amici, fratelli, parenti o ricchi ma poveri, storpi, ciechi e zoppi, perché non hanno da ricambiare. La gratuità, infatti, è l’altra faccia della medaglia dell’umiltà. Gesù è stato mite e umile di cuore. Chiediamo oggi di renderci simile a lui. Allora o Gesù Fà che abbiamo i tuoi stessi sentimenti, per non cedere all’orgoglio, alla superbia e alla logica dei primi posti. Permetti che io riceva qualche salutare umiliazione come essere rifiutati quando bussiamo le porte della povera gente e fa’ che riesca a offrirla insieme alle umiliazioni subite da Gesù stesso per la salvezza del mondo.