Dal Vangelo secondo Giovanni
“Si avvicinava la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe e, là seduti, i cambiamonete. Allora fece una frusta di cordicelle e scacciò tutti fuori del tempio, con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiamonete e ne rovesciò i banchi, e ai venditori di colombe disse: «Portate via di qui queste cose e non fate della casa del Padre mio un mercato!». I suoi discepoli si ricordarono che sta scritto: «Lo zelo per la tua casa mi divorerà». Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: «Quale segno ci mostri per fare queste cose?». Rispose loro Gesù: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere». Gli dissero allora i Giudei: «Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?». Ma egli parlava del tempio del suo corpo. Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù.”
Riflessione a cura di Don Pasquale Somma:
Nel mondo ebraico il tempio è la dimora di Dio e di riflesso l’edificio per eccellenza destinato al culto. Nel tempio si prega, si predica, si offrono sacrifici, si paga la tassa per il tempio. Si incontra anche Gesù e lì si riuniscono gli apostoli e i membri della primitiva comunità cristiana. Al tempio terreno si affianca nella visione dell’Apocalisse il tempio celeste della nuova Gerusalemme, archetipo della tenda di quaggiù. Dio stesso e Gesù sono il tempio. Gesù, nel Vangelo di oggi, si presenta come colui che è dotato di grandi poteri. Non adduce nessuna giustificazione umana: il potere con cui agisce gli è stato conferito dal Padre Celeste. Il tempio è la casa del Padre ed Egli, che del Padre è l’Unigenito, vi si trova come in casa propria e quindi ha diritto di comandare e di disporre di ogni cosa. Il vero tempio è Lui, il suo corpo, la sua natura umana. In tutta la scena aleggia il mistero pasquale. Pasqua è la festa nella quale si immola l’Agnello; è la festa del pane azzimo, preparato senza lievito cioè, nella quale il vecchio lievito sarà eliminato. Perciò Gesù, quando entra nel tempio di Gerusalemme e trova venditori di ogni genere, fa una frusta di cordicelle e caccia tutti dal tempio. Noi sappiamo chi sia veramente l’uomo guardando a Gesù di Nazaret, l’uomo perfetto, il verbo fatto carne, sarx, che vive la condizione umana, fugge i poteri sovraumani vive la kenosis, è l’opposto di Adamo disobbediente, sperimenta la passione e la morte.
Ma non possiamo dimenticare che tra il nostro essere carne e quello di Gesù vi è la differenza abissale dell’assenza di peccato.
Così, dice Paolo, il corpo di Cristo è corpo spirituale perché totalmente animato dallo Spirito (1Cor 15, 46) ed è uomo celeste.
Scopriamo allora che quella (il corpo di Cristo glorioso) è la vera corporeità realizzata che in Gesù non viene annullata neppure dalla morte, e ciò è avvenuto, dice la Lettera agli Ebrei, in forza dell’obbedienza del Figlio al Padre che coincise con il sì della croce, preludio della resurrezione. C’è qui anche la via attraverso la quale possiamo realizzare tale destino di gloria.
Ma così, sia pure nei tanti modi diversi, potrà essere anche per noi grazie alla redenzione. Se il destino di gloria di Gesù sarà dunque partecipato agli uomini in pienezza alla fine dei tempi allora tutto l’uomo, anima e corpo, godrà della gloria. Questo è il fondamento della fede nella resurrezione dai morti.
La resurrezione dei corpi è resa necessaria esattamente dal fatto che l’uomo è anima e corpo e che queste due dimensioni sono entrambe costitutive il suo essere persona.
L’insistenza di Giovanni sul sepolcro vuoto indica chiaramente che si intende la resurrezione di Gesù come una resurrezione corporea.
Il corpo glorioso di Gesù anticipa il destino del corpo di tutti gli uomini.
La condizione escatologica intermedia, cioè il tempo che va dalla nostra morte temporale alla fine dei tempi, è una condizione effettivamente ancora imperfetta in cui la gioia della redenzione o la tragedia della dannazione sono solo relative.
Tuttavia, secondo Paolo, questa partecipazione al corpo glorioso di Cristo sembra essere in qualche modo già anticipata qui sulla terra.
È destino, infatti, che del corpo del Signore risorto partecipino, come membra, tutti i credenti. Pensiamo all‘immagine del corpo e delle membra di Paolo che è accanto a quella sponsale che è ancora una immagine corporea.
È noto come il messaggio cristiano ebbe molta difficoltà a portare questa considerazione/rivalutazione del corporeo nell’ambiente europeo di cultura greco-romana.
La stessa salvezza intesa come resurrezione del corpo e non come liberazione dal corpo fu un annuncio di assoluta novità e di non facile comprensione.
Andiamo in Chiesa oggi, anche se non è domenica, per fare una visita a Gesù sacramentato presente nelle nostre chiese parrocchiali e compagno del nostro cammino.