Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Quando vedrete Gerusalemme circondata da eserciti, allora sappiate che la sua devastazione è vicina. Allora coloro che si trovano nella Giudea fuggano verso i monti, coloro che sono dentro la città se ne allontanino, e quelli che stanno in campagna non tornino in città; quelli infatti saranno giorni di vendetta, affinché tutto ciò che è stato scritto si compia. In quei giorni guai alle donne che sono incinte e a quelle che allattano, perché vi sarà grande calamità nel paese e ira contro questo popolo. Cadranno a fil di spada e saranno condotti prigionieri in tutte le nazioni; Gerusalemme sarà calpestata dai pagani finché i tempi dei pagani non siano compiuti.
Vi saranno segni nel sole, nella luna e nelle stelle, e sulla terra angoscia di popoli in ansia per il fragore del mare e dei flutti, mentre gli uomini moriranno per la paura e per l’attesa di ciò che dovrà accadere sulla terra. Le potenze dei cieli infatti saranno sconvolte. Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire su una nube con grande potenza e gloria. Quando cominceranno ad accadere queste cose, risollevatevi e alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina».
Riflessione a cura di Don Pasquale Somma:
Quando la Bibbia parla delle realtà ultime, della fine del mondo e della storia, utilizza il linguaggio apocalittico, caratterizzato da immagini forti che incutono paura. Essi sono frutto della concezione di Dio giudice, senza misericordia. Ancora oggi alcuni pensano a Dio come a un giudice severo, che premia i buoni e condanna i cattivi. Dio non è così. Il nostro Dio è amore gratuito e oblativo, che permette la morte del suo Figlio per donarci la vita che, nel vocabolario di san Giovanni evangelista, significa comunione con Dio e con i fratelli.
È in questa ottica che dobbiamo guardare ai brani del Vangelo che ci vengono presentati prima dell’Avvento. La fine viene improvvisa. Ciò vale per Gerusalemme e per il mondo. Quando Gerusalemme sarà circondata dall’esercito nemico, gli abitanti si renderanno conto che è imminente la loro fine e la loro distruzione. Questo segno terreno deve essere un segnale di allarme per tutti. Ciò che accade in piccolo a Gerusalemme, accadrà un giorno in grande al mondo intero. La fine del mondo è una fine terrificante. Ma solo per i malvagi. Per i cristiani, che hanno atteso il Signore con la preghiera e con gesti concreti di amore verso Dio e verso il prossimo, è l’ora della liberazione. Ciò che per i cattivi significa terrore è pace per i cristiani. Ciò che per gli altri è la fine, per i cristiani è l’inizio, il rovesciamento e il rivolgimento di tutte le cose. Quel Cristo che ora è consegnato a Gerusalemme in potere dei nemici è Colui che verrà nella potenza e, come giudice, pronuncerà la condanna per coloro che in vita volontariamente e consapevolmente hanno rifiutato il suo amore. Perciò l’uomo non deve cedere al mondo e alle sue seduzioni, né deve cadere sotto il fascino della mondanità. Deve invece pensare alla fine e conformarvi la vita, consapevole che, con il lieto annunzio del ritorno di Cristo, inizierà il regno della grazia e dell’amore. Gesù continua negli ultimi giorni della sua vita ad ammaestrare il popolo. Non aggredisce più gli avversari e questi non aggrediscono più lui. I fronti sono tracciati e le posizioni segnate. Perciò Luca scrive: «Durante il giorno insegnava nel tempio e durante la notte usciva e si tratteneva sul Monte degli Ulivi. E tutto il popolo, fin dal mattino, andava al tempio per ascoltarlo» (Lc 21,37-38).
Messaggio da Radio Vaticana:
PAPA FRANCESCO: NON USARE IL NOME DI DIO PER ODIO E VIOLENZA
Il Papa ha iniziato la sua seconda giornata a Nairobi in Kenya, con l’incontro ecumenico ed interreligioso nella nunziatura apostolica, Riuniti i Capi delle diverse confessioni cristiane (anglicana, evangelica, metodista, pentecostale, African Inland Church, etc) e delle altre religioni (tradizionale-animista e musulmana) maggiormente presenti in Kenya, oltre a 7 personalità civili particolarmente impegnate nella promozione del dialogo interreligioso. Dopo la presentazione di mons. Peter Kairo, incaricato del dialogo interreligioso, il saluto al Papa del rappresentante anglicano, l’arcivescovo Eliud Wabukala e del rappresentante musulmano Abdulghafur El-Busaidy. Di seguito il discorso integrale rivolto ai presenti dal Papa Francesco
Cari amici,
sono grato per la vostra presenza odierna e per l’opportunità di condividere questi momenti di riflessione con voi. In modo particolare vorrei ringraziare Mons. Kairo, l’Arcivescovo Wabukala e il Professor El-Busaidy per le loro parole di benvenuto a nome vostro e delle rispettive comunità. Quando vengo a visitare i cattolici di una Chiesa locale, è sempre importante per me avere l’occasione d’incontrare i leader di altre comunità cristiane e di altre tradizioni religiose. È mia speranza che questo tempo trascorso insieme possa essere un segno della stima della Chiesa nei confronti dei seguaci di tutte le religioni e rafforzi i legami d’amicizia che già intercorrono tra noi.
A dire il vero, il nostro rapporto ci sta mettendo dinanzi a delle sfide; ci pone degli interrogativi. Tuttavia, il dialogo ecumenico e interreligioso non è un lusso. Non è qualcosa di aggiuntivo o di opzionale, ma è essenziale, è qualcosa di cui il nostro mondo, ferito da conflitti e divisioni, ha sempre più bisogno.
In effetti, le credenze religiose e la maniera di praticarle influenzano ciò che siamo e la comprensione del mondo circostante. Esse sono per noi fonte di illuminazione, saggezza e solidarietà e in tal modo arricchiscono le società in cui viviamo. Prendendoci cura della crescita spirituale delle nostre comunità, formando le menti e i cuori alla verità e ai valori insegnati dalle nostre religioni, dalle nostre tradizioni religiose, diventiamo una benedizione per le comunità nelle quali vive le nostra gente. In una società democratica e pluralistica come questa, la cooperazione tra i leader religiosi e le loro comunità diviene un importante servizio al bene comune.
In questa luce, e in un mondo sempre più interdipendente, si avverte con crescente chiarezza la necessità della comprensione interreligiosa, dell’amicizia e della collaborazione nel difendere la dignità conferita da Dio ai singoli individui e ai popoli, e il loro diritto di vivere in libertà e felicità. Promuovendo il rispetto di tale dignità e di tali diritti, le religioni interpretano un ruolo essenziale nel formare le coscienze, nell’instillare nei giovani i profondi valori spirituali delle rispettive tradizioni e nel preparare buoni cittadini, capaci di infondere nella società civile onestà, integrità e una visione del mondo che valorizzi la persona umana rispetto al potere e al guadagno materiale.
Penso qui all’importanza della nostra comune convinzione secondo la quale il Dio che noi cerchiamo di servire è un Dio di pace. Il suo santo Nome non deve mai essere usato per giustificare l’odio e la violenza. So che è vivo in voi il ricordo lasciato dai barbari attacchi al Westgate Mall, al Garissa University College e a Mandera. Troppo spesso dei giovani vengono resi estremisti in nome della religione per seminare discordia, per seminare paura e per lacerare il tessuto stesso delle nostre società. Quant’è importante che siamo riconosciuti come profeti di pace, operatori di pace che invitano gli altri a vivere in pace, armonia e rispetto reciproco! Possa l’Onnipotente toccare i cuori di coloro che perpetrano questa violenza e concedere la sua pace alle nostre famiglie e alle nostre comunità.
Cari amici, quest’anno ricorre il cinquantesimo anniversario della chiusura del Concilio Vaticano II, nel quale la Chiesa Cattolica si è impegnata nel dialogo ecumenico e interreligioso al servizio della comprensione e dell’amicizia. Intendo riaffermare questo impegno, che nasce dalla convinzione dell’universalità dell’amore di Dio e della salvezza che Egli offre a tutti. Il mondo giustamente si attende che i credenti lavorino insieme con le persone di buona volontà nell’affrontare i molti problemi che si ripercuotono sulla famiglia umana. Nel guardare al futuro, preghiamo affinché tutti gli uomini e le donne si considerino fratelli e sorelle, pacificamente uniti nelle e attraverso le loro differenze. Preghiamo per la pace!
Vi ringrazio per la vostra attenzione e chiedo a Dio Onnipotente di concedere a voi e alle vostre comunità l’abbondanza delle sue benedizioni.
(Da Radio Vaticana)