Diario di bordo:4/1/2016

Pubblicato giorno 5 gennaio 2016 - Attività dei Giovani, Campo di solidarietá in Albania 2016, In home page

Abbiamo trascorso un’altra notte inusuale. Questa volta è stato il freddo l’ospite inquieto. La casa di suor Giorgia non ha i riscaldamenti, nè il camino, nè alcun modo per riscaldare l’ambiente se non una stufa elettrica. Suor Giorgia è una altra persona speciale. Siciliana e albanese tra 30 anni tutti trascorsi a Gramze, una periferia sperduta di Tirana sulla strada verso il Kosovo. Qui la povertà è una realtà che colpisce l’80% delle circa 100 famiglie presenti. I bambini vengono accolti in questo centro che suor Giorgia con il suo spirito meridionale ha costruito mattone su mattone. Abbiamo conosciuto suor Giorgia nell’estate 2011 quando il numero dei volontari era diventato troppo numeroso per alloggiare a Maminas (rinvierò notizie in una pagina a parte dedicata a Maminas).

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Qui ci portó mons. Frendo ausiliare del vescovo Mirdita deceduto pochi giorni fa. Ci portó quì perché da un lato era l’unica struttura nella diocesi Durazzo-Tirana che potesse accogliere più di 50 volontari e dall’altro lato perché voleva che ci impaginassimo in questa periferia abbandonata. Qui a Gramze iniziammo la nostra prima esperienza di “campi nel campo” essendo circa una 60na di volontari ci dividemmo in diverse strutture per le attività facendo a Gramze il nostro campo base dove una decina di volontari faceva anche animazione.

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Un gruppo di 5 persone si dedicò ai lavori di edilizia aggiustando qualche casa e costruendo i servizi igienici in qualche famiglia. Gli altri volontari si divisero tra le case delle suore di madre Teresa a Durazzo, Tirana e Elbasan. questo campo resterà per me memorabile….Era la settima esperienza di volontariato in terra albanese: 2004 MAMINAS; 2006 ROMANAT 2007 ROMANAT 2008 ROMANAT 2009 MAMINAS 2010 TIRANA/MAMINAS 2011 GRAMZE). 7 come le mani sul logo delle nostre magliette…7 è un numero perfetto. Mia sorella Annamaria, oggi Sister La Vigna decide di entrare nella congregazione delle suore missionarie della Carità, le suore di madre Teresa di Calcutta. Uno dei motivi che mi lega a questa terra oltre alla conversione spirituale di papà che nell’estate 2009 aveva conosciuto suor Vittoria a Tirana 2. Mio padre morì nel novembre dello stesso anno dopo essere stato in Albania in 3 esperienze diverse: nel 2007, 2008, 2009. A ROMANAT nella costruzione della scuola e a Tirana nella prima esperienza con le suore di madre Teresa. Ho sempre pensato che la morte di mio padre sia stata necessaria per aprirci la strada nel mondo di queste donne che come scrissi tempo fa sono un Vangelo in azione.

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Oggi pomeriggio pensavo ancora all’incontro di Gesù con i primi discepoli raccontato nel Vangelo di oggi e a quei 7 verbi che hanno un potere incredibile: seguire, cercare, andare, rimanere, vedere, trovare, condurre. Sette verbi che declinano il senso della sequela. È stato questo il pensiero nell’omelia condiviso a Elbasan, nell’orfanotrofio delle suore di Madre Teresa. Questa casa è stata aperta nel 1991 dalla stessa madre Teresa. Molti turisti scoprono solo atterrando all’Aeroporto “Nene Tereza”di Tirana, le origini albanesi di questa straordinaria figura del ‘900. Madre Teresa, al secolo Anjëzë Gonxhe Bojaxhiu, nacque nel 1910 a Skopje (allora impero ottomano, oggi Macedonia) da padre di Mirdita e madre di Gjakova. Rimasta orfana di padre in giovanissima età, Anjëzë divenne suora e lasciò i Balcani, senza potervi tornare fino agli anni ’90, mentre la sua famiglia visse in Albania (a Scutari si può visitare la casa in cui la famiglia visse negli anni ’30). Il legame con la sua terra fu sempre intenso, tanto è vero che appena cadde il regime comunista, Madre Teresa volle recarsi subito in Albania, per aprire delle missioni della congregazione delle Missionarie della Carità. Durante una delle sue permanenze in Albania, Madre Teresa poté ricevere il passaporto albanese, onorando così la sua patria e la sua famiglia. Dopo la sua morte, avvenuta nel 1997, ogni città albanese ha ricordato questa amatissima religiosa dedicandole una piazza, una via o una statua e alcuni politici si sono spinti oltre, sostenendo che le sue spoglie mortali avrebbero dovuto riposare nel cimitero di Tirana, accanto alla madre e alla sorella, piuttosto che a Calcutta. Sicuramente per l’Albania un’iniziativa di questo tipo potrebbe essere positiva dal punto di vista turistico ma non va dimenticato che la religiosa disse di se “Per sangue, sono albanese. Per cittadinanza, sono indiana. Per fede, sono una suora cattolica. Per chiamata, appartengo al mondo” .
Anche qui a Elbasan abbiamo iniziato la nostra esperienza nel 2011. Mandai 5 ragazze che a differenza degli altri gruppi alloggiavano qui. Elbasan è troppo distante da Gramze (circa 2 ore di macchina). Chi viene a Elbasan deve avere delle caratteristiche particolari: essere donna. Eh già!!! Qui scopri il valore autentico della dignità femminile. Vorresti da subito diventare mamma e prenderti cura di ognuno di questi piccoli orfani, abbandonati per fame, per necessità, perché scartati o nati per sbaglio. Sono qui gli orfani di Elbasan. La scorsa estate è stato difficile scegliere chi mandare dei 35 volontari prevalentemente di sesso femminile. Alla fine la sorte ha scelto Noemi, Teresa e Anna visto che avrebbero dovuto fare anche un secondo campo. Venire qui significa lasciarci il cuore.

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Quello che oggi mi ha colpito è stato lo sguardo dei bambini su di noi, sconosciuti invasori del loro mondo. Ci fissavano con aria seria e non ci hanno dato da subito confidenza. Abbiamo dovuto usare poteri seduttori per attrarre la loro attenzione e giocare un pó…ora mentre scrivo siamo sulla strada del ritorno. Piove. Piove sul bagnato. Da quando siamo arrivati qui in Albania non smette di piovere. Nel pulmino c’è aria di gioia per effetto della visita all’orfanitrofio. Abbiamo preso la spensieratezza di questi piccoli. Le loro manine sulla faccia ci hanno accarezzato. È ora siamo tutti più felici. Dovremmo imparare un pó di più dai bambini. Loro prendono tanto dalla vita e dagli incontri che fanno. Prendono e sono felici.

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Riflessioe a cura di Raffaela Zeffiro:
I bambini sono i migliori maestri da cui prendere lezioni… Sono gli unici che riescono a guardare il mondo e “l’altro” che hanno di fronte senza veli,senza costruzioni mentali,senza pregiudizi che noi,col tempo,ci costruiamo o che apprendiamo da una società sempre più maliziosa e che erige la sua “verità”sulla ‘mercificazione del male,delle differenze e degli eventi tragici”!
“L’altro” ha un valore così importante per il bambino,che la sua prima domanda,quando vede persone nuove ,è “chi sei?”. Una domanda a cui la nostra società tenta di rispondere con modelli definiti che ci rendono tutti uguali. Il bambino non ha pretese su di te,non vuole che tu sia “come quello”,”uguale a quello”,”o solo quello”,lui non ha bisogno di queste costruzioni,perché non le conosce e non le vede in te. Ti insegna che c’è dell’altro.
Il bambino ti conosce col “gioco”… Mentre gioca,ascolta la tua voce,guarda il tuo viso,ride della tua faccia buffa,ti stringe se sta per cadere o se ha paura di qualcosa. Con un semplice gioco il bambino ,nella sua spontaneità ed innocenza,insegna “l’ascolto”,”a guardare negli occhi”,a “sorridere”,a “fidarsi”,a “non avere paura di chiedere aiuto”. È incredibile come questi “piccoli ” e “fragili” umani possano essere capaci di “grandi ” cose! Lo stupore delle loro domande,del loro chiedere,la fantasia e l’immaginazione del loro domande e la nostra incapacità nel spiegare ,ci fanno capire quanto nel tentare di spiegare qualcosa,nel cercare un modo più semplice per spiegarlo e nel darle un senso,ci perdiamo in inutili parole che finiscono per banalizzare ciò che vogliamo definire. Ci fanno capire che gli eventi della nostra vita,belle o brutte che siano, non devono avere un nome,ma devono essere vissute col nostro “nome”!
Ecco perchè Gesú disse:”chi accoglie uno di questi bambini ,accoglie me”. Lui stesso si fa bambino,viene deposto in una mangiatoia,sente il fieno che lo pizzica,sente il freddo, e magari Maria e Giuseppe gli facevano qualche smorfietta per farlo sorridere…. Lui è stato bambino come noi,è stato fragile,ma in quella mangiatoia è stato deposto Colui che sconfiggerà la morte,il dolore,il freddo ;e Colui che ,ogni anno rinascendo, ci ricorda che è possibile rinascere nella nostra mangiatoia,che è possibile ricolmare di luce il buio che ci circonda;che é possibile trasformare i nostri limiti,paure e cadute in punti di forza,trampolini di lancio e opportunità per realizzare noi stessi;solo nelle nostre miserie,scopriamo chi siamo e la forza di combattere!
Perchè sottovalutiamo i bambini?