Diario di bordo:5/1/16

Pubblicato giorno 6 gennaio 2016 - Attività dei Giovani, Campo di solidarietá in Albania 2016, In home page

Oggi è stata una giornata di viaggio!!! Quando ci si mette in viaggio si mettono in conto tanti imprevisti. La prima sorpresa è stata la neve nel nostro viaggio verso Skopje.

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Dopo la galleria del bivio di Scutari ci siamo trovati immersi in una vallata innevata e abbiamo gioito di questo spettacolo naturale. Ho lasciato la guida ad Alfonso perché volevo scrivere sollecitato emotivamente dal paesaggio innevato mi sono immerso nei ricordi nostalgici di quando bambino ho scoperto l’ALBANIA e la guerra del Kosovo. Avevo poco più di 11 anni quando per la prima volta ho incontrato padre Antonio Luli insieme ai primi immigrati sbarcati in fuga dall’albania. Ricordo i suoi rozzi vestiti, il suo golf di lana di pecora, il suo volto caratteristico e indimenticabile pieno di rughe. Mi colpì la sua storia nelle carceri del regime comunista, tanti anni vissuti nella solitudine più totale. Celebrava la messa di nascosto con briciole di pane. Ora a distanza di circa vent’anni riconosco di aver conosciuto un santo quando ero un bambino. Chi l’avrebbe detto che in quel bambino sarebbe nata la passione per questa terra. Oggi volevo regalarmi un viaggio a Skopje, in Macedonia per recarmi sulla tomba del papà di madre Teresa visto che le suore della comunità di Skopje avevano bisogno del trasporto di un lavandino che avevamo portato da Bari. La neve non è stato l’unico imprevisto. Visto che alla frontiera del Kosovo 5 passeggeri sono dovuti scendere perché non avevano il passaporto. Con disinvoltura e tranquillità gli ho detto di trovarsi un passaggio mentre io e Costantino avremmo proseguito il viaggio verso Skopje. Nonostante la perplessità di Antonio, di trovare un passaggio verso Tirana io ne ero convinto perché conosco la grande ospitalità e dignità di questo popolo che ci è riconoscente per il bene ricevuto negli anni. E così i nostri cinque avventurieri hanno rimediato un passaggio col comandante delle guardie della frontiera fino alla postazione autobus per Tirana ed io e Costantino abbiamo proseguito verso Skopje…i miei ricordi mi hanno accompagnato nel cammino innevato. I pensieri andavano ancora verso queste donne straordinarie per le quali non mi tiro mai indietro perchè nascono sempre quasi spontaneamente là dove la catena del dolore e dell’abbandono penetra più nella carne. Dalla sofferenza impariamo ad avere compassione.
Dalla biografia di Madre Teresa sappiamo che la sua era una casa eccezionalmente felice e che quando, ancora studentessa, percepì la vocazione, lasciare questa famiglia ricca di affetti e straordinariamente felice e distaccartene fu l’unica cosa davvero difficile che dovette affrontare. La sua casa era proprio a Skopje. Rinnegando se stessa ritrovó se stessa in virtù di quell’unica trasformazione cristiana manifestata nella crocifissione e nella risurrezione per cui noi moriamo per continuare a vivere. Oggi si parla molto della scoperta della propria identità quasi si trattasse di una cosa a cui dare la caccia come al numero vincente di una lotteria, con il quale, favoriti dalla fortuna ci si assicura la ricchezza. Come afferma il secondo principio di Keynes: più si spende e più si diventa ricchi. Così fu per madre Teresa: eclissando se stessa divenne se stessa. Piaceva molto a Madre Teresa ripetere che ciò che il povero brama di più, anche più del cibo, del vestito, e di un tetto, sebbene dove viveva se ne aveva un disperato bisogno, è l’essere accolto con premura. Ciò che più lo tormenta è lo stato di abbandono impostogli dalla sua povertà. Pensiamo a noi: anche se materialmente non ci manca niente, essere abbandonati dalle persone a noi più care ci inquieta non poco. Pensiamo al lutto o alla scelta di andare via per la scoperta di una vocazione o anche professionale e addirittura per una separazione di un legame spezzato. Quanto si soffre! In tempi oscuri come questi madre Teresa e come lei oggi le sue suore e Papa Francesco, diventano una LUCE che arde e illumina. Diventiamo luce anche noi quando riusciamo a portare amore nel buio della gente che incontriamo sul nostro cammino. Siamo rientrati da poco. Il resto del gruppo ci aspettava a tavola. Ci ha accolto insieme a suor Giorgia. Abbiamo condiviso le nostre avventure. Abbiamo riso e scherzato. Ora ognuno cerca il suo angolo per contattare le persone di casa e gli amici rimasti in Italia che tutto sommato sono anche loro qui
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RIFLESSIONE A CURA DI RAFFAELA ZEFFIRO:
Mentre leggevo mi venivano in mente queste parole: “Padre della notte
ovunque è il Tuo mistero
dentro ogni secondo
come in ogni giorno intero “. Queste rappresentano i miei dieci giorni dell’Albania,durante i quali ho conosciuto nuove persone,nuove storie, e il “nuovo”delle persone che conoscevo da tempo;oltre agli sguardi dei miei compagni di viaggio, tornano quelli delle anziane di Tirana 2,dei bambini del campo Rom e delle suore di Madre Teresa,in particolare Sister Alma Lucia,Sister Miriam(per me “Sister Smile”)e Sister Rosita. Donne straordinarie nella loro semplicità ,grandi nel loro piccoli gesti,avezze alle fatiche più pesanti sempre col sorriso e con la luce negli occhi. Quei giorni pensavo a quale fine avrebbero fatto se non ci fossero state loro,pensavo al loro possibile “abbandono”.
È vero in ogni giorno,come in tutta la vita,c’è chi va e chi viene,chi si allontana e chi viene per restare. Molte volte se ne vanno persone che vorremo trattenere,perché abbiamo bisogno di loro;ma inutilmente nel nostro trattenere sperimentiamo il “tormento dell’abbandono”. Questo diventa più straziante quando se ne va una delle due persone più importanti della vita di una persona:o la madre o il padre. La loro assenza,soprattutto quando è voluta, si fa sentire , è straziante,é pesa sorprattutto nei nostri rapporti con gli altri! Tendiamo verso i”nuovi passeggeri”del nostro treno ,a due estremi,l’uno a chiudere ogni porta di accesso verso il nostro “io”,oppure l’altro ad alimentarci di ogni spiraglio ,ad ogni briciola d’amore. Ma questi sono modi insani di vivere la propria relazione,prima con se stessi e poi con gli altri;infatti,inevitabilmente finiscono per l’essere fallimentari e arrecano più dolore.
L’unica soluzione è quello di “aprirsi” gradualmente all’altro,lasciarsi scoprire,mostrare le proprie debolezze e le proprie ferite. É difficile ma non impossibile. L’Albania mi ha insegnato questo:”a guardare in faccia a ciò che sono,a quelle soffereze che nonostante mi feriscano,mi dicono chi sono” ,”e che vale la pena rischiare di mostrarsi vulnerabile agli altri”. Il “Padre della notte”,Dio ascolta le ferite più profonde che abbiamo nel cuore,le ripulisce e vuole e desidera che noi le risaniamo;ascolta la nostra “sete”,il nostro tormento,vuole farci capire che è inutile soffrire,é inutile chiudersi agli altri,perché senza di loro non potremo mai guarire;non potremo mai essere capaci di essere consapevoli delle nostre ferite se non proviamo “compassione per gli altri”. Il “CON-oscersi “prevede un “con”,sia con Dio sia con gli altri,”INVENTIAMO IL NOSTRO CIELO TRA LINEE DI COLORE”. Quindi rischiamo con Dio,compromettiamo noi stessi,ritroviamo la nostra “Luce”per non spegnerla mai più
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