In quel tempo, Gesù se ne andava per la Galilea; infatti non voleva più percorrere la Giudea, perché i Giudei cercavano di ucciderlo.
Si avvicinava intanto la festa dei Giudei, quella delle Capanne. Quando i suoi fratelli salirono per la festa, vi salì anche lui: non apertamente, ma quasi di nascosto.
Alcuni abitanti di Gerusalemme dicevano: «Non è costui quello che cercano di uccidere? Ecco, egli parla liberamente, eppure non gli dicono nulla. I capi hanno forse riconosciuto davvero che egli è il Cristo? Ma costui sappiamo di dov’è; il Cristo invece, quando verrà, nessuno saprà di dove sia».
Gesù allora, mentre insegnava nel tempio, esclamò: «Certo, voi mi conoscete e sapete di dove sono. Eppure non sono venuto da me stesso, ma chi mi ha mandato è veritiero, e voi non lo conoscete. Io lo conosco, perché vengo da lui ed egli mi ha mandato».
Cercavano allora di arrestarlo, ma nessuno riuscì a mettere le mani su di lui, perché non era ancora giunta la sua ora.
Riflessione a cura di Don Pasquale Somma:
La festa delle Capanne, a settembre, ricordava il tempo in cui Israele aveva vagato per il deserto vivendo sotto le tende, ma era anche una forma di ringraziamento per il raccolto. Davanti alle loro abitazioni, gli Ebrei costruivano delle capanne, presso le quali recitavano preghiere e facevano festa. L’affluenza di molta gente a Gerusalemme in occasione di tale festa amplificava le controversie dei capi e del popolo sulla persona di Gesù. Nel Vangelo vengono riportate le dispute sulla messianicità di Gesù e il problema della sua origine, della sua provenienza, caratteristico del Vangelo di Giovanni.
Alla luce di tutto il Vangelo, comprendiamo che Gesù sta dicendo la verità, ma che i Giudei giudicano secondo pochi dati materiali, insufficienti e, sostanzialmente, non del tutto corretti. Essi sono immersi nelle tenebre; sono ciechi. Gesù porta loro la luce e la verità, ma sono incapaci di aprirsi a esse. Anzi, questa rivelazione di Gesù provoca una reazione ancora più forte da parte dei suoi avversari, che cercano di catturalo e ucciderlo. Gesù fa una scelta di cui si assume le conseguenze. Sappiamo che questa proclamazione accenderà l’ostilità dei suoi oppositori, e sarà il motivo della sua condanna a morte. Davanti a questa rivelazione di Gesù, gli uomini di tutti i tempi sono chiamati a fare una scelta: riconoscere in lui l’inviato del Padre, il salvatore, la sorgente della salvezza. Non è a colpi di scomuniche che annunciamo Gesù Cristo: va bene fare chiarezza, certo, ma senza cadere nell’illusione che la verità si imponga per decreto legge… Nonostante la tensione crescente Gesù non tace e grida la sua fede, grida nel tempio la sua prospettiva di Dio. Anche nei nostri templi e nelle nostre chiese siamo chiamati a dire la nostra fede senza paura, con coraggio e determinazione. Tante volte in molte parti del mondo c’è ancora chi muore per il
Vangelo e quando chi scappa dalla guerra per fame o per salvarsi e approda sulle nostre coste noi che facciamo?
Il contrario dell’amore non è l’odio, ma l’indifferenza che è linfa vitale che alimenta ogni male, la linfa segreta del peccato. L’indifferenza per cui l’altro per te non esiste, non conta, non vale, non è niente.