Lc 10,1-9

Pubblicato giorno 26 gennaio 2016 - In home page, Riflessioni al Vangelo

Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, il Signore designò altri settantadue e li inviò a due a due davanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi.
Diceva loro: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe! Andate: ecco, vi mando come agnelli in mezzo a lupi; non portate borsa, né sacca, né sandali e non fermatevi a salutare nessuno lungo la strada.
In qualunque casa entriate, prima dite: “Pace a questa casa!”. Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi. Restate in quella casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché chi lavora ha diritto alla sua ricompensa. Non passate da una casa all’altra.
Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà offerto, guarite i malati che vi si trovano, e dite loro: “È vicino a voi il regno di Dio”»
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Riflessione a cura di Don Pasquale Somma:

Il “movimento” della storia della salvezza parte sempre da Dio, che in Cristo Gesù svela in pienezza il volto misericordioso e compassionevole. Per questo, in Gesù il tempo è veramente arrivato al fine e il Regno di Dio si è fatto vicino. Egli abbatte ogni barriera: accoglie piccoli e grandi, poveri e ricchi, malati e stranieri. Gesù ha incarnato il Vangelo della carità, che affida ad «altri settantadue discepoli e li inviò a due a due» (Lc 10,1).
Gesù è l’evangelizzatore della strada e il Messia di tenerezza, perché è uomo di preghiera. Vive veramente e profondamente la contemplazione nell’esercizio quotidiano della “missionarietà agapica”. Per questo ai suoi discepoli comanda di pregare, andare, non portare borsa, curare. La Parola di Dio, infatti, è sempre connessa con la terapia, che significa rispetto, venerazione, cura. Il Vangelo di Gesù è dunque una logoterapia: la Parola è una spada che ferisce e guarisce e crea cicatrici di salvezza, perché risana dal di dentro l’uomo, tutto l’uomo. Gli “inviati” di Gesù devono rappresentare in modo radicale l’urgenza della missione e l’assoluta fiducia in Dio che realizza il suo Regno. Le direttive sull’equipaggiamento, infatti, non prevedono la rinuncia al superfluo, ma a ciò che è più necessario e utile per la stessa missione: «Non portate borsa, né sacca, né sandali», per poter essere, così, “segno eloquente”, da tutti comprensibile e per tutti inquietante. La missione, tuttavia, presenta non lievi difficoltà: «Vi mando come pecore in mezzo ai lupi». Portando su di sé il male del mondo senza restituirlo, gli inviati di Gesù sono vittoriosi sul male. Il bene, infatti, è vittorioso se è amore agapico di pura perdita! Secondo la logica e l’esempio di Gesù, il male si arresta lì dove trova qualcuno talmente forte da rispondere alla violenza con l’amore. «Non portate borsa, né sacca, né sandali»: il testimone del Vangelo non può essere legato al denaro e al vestito; dev’essere distaccato dagli incubi economici e dalla preoccupazione per il futuro, deve ricevere ciò che gli viene offerto e donare ciò che ha ricevuto. Il suo amore per i malati e i poveri gli fa ben presto perdere borse e bisacce. Preghiera, Parola, Povertà; distacco e carità: sono le caratteristiche dei missionari del Vangelo, che vanno a due a due. L’evangelizzazione è un “affare di Chiesa”, un mandato alla comunità perché, dall’inizio alla fine, «da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri» (Gv 13,35).