Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, si avvicinavano a Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro».
Ed egli disse loro questa parabola: «Chi di voi, se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va in cerca di quella perduta, finché non la trova? Quando l’ha trovata, pieno di gioia se la carica sulle spalle, va a casa, chiama gli amici e i vicini e dice loro: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora, quella che si era perduta”. Io vi dico: così vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte, più che per novantanove giusti i quali non hanno bisogno di conversione.
Oppure, quale donna, se ha dieci monete e ne perde una, non accende la lampada e spazza la casa e cerca accuratamente finché non la trova? E dopo averla trovata, chiama le amiche e le vicine, e dice: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la moneta che avevo perduto”. Così, io vi dico, vi è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte».
Riflessione a cura di Don Pasquale Somma:
Il più grande peccato dell’uomo è la superbia, il credere di poter fare finanche il bene senza l’aiuto di Dio. Gesù, infatti, ha detto: “Senza di me non potete fare niente” e sant’Agostino, riflettendo su questa affermazione del Signore, scrive: «Badate bene, Gesù non dice che possiamo fare poche cose, ma niente». Perciò i santi sono coloro che con umiltà si affidano a Dio e da Lui sperano e ottengono la grazia e la forza per vincere tutte le tentazioni. In mezzo alla folla che segue il Signore ci sono molti peccatori e pubblicani. La cosa dà nell’occhio. I farisei e gli scribi, specializzati nella legge divina, se ne scandalizzano. La loro meraviglia e la loro disapprovazione sono comprensibili. I pubblicani si guadagnavano da vivere con pratiche affaristiche piuttosto dubbie. Sono gli esattori delle tasse e dei dazi sulle merci. Oltre a riscuotere le tasse per i Romani, sono liberi di applicare nei loro distretti altri tributi per tornaconto proprio, creando così un sistema aperto alla corruzione e alle frodi. Di conseguenza, non si curano della legge di Dio: non hanno né tempo, né interesse per la religione e perciò godono scarsa considerazione negli ambienti religiosi. I peccatori, a loro volta, sono gente che sta tranquilla solo se non pensa a Dio e perciò scansa più che può ogni idea religiosa. I farisei e gli scribi si ritenevano invece giusti: tutto era a posto in loro e non avevano bisogno della grazia di Dio. Chi si fa santo da sé non ha bisogno che lo santifichi Dio, l’unico Santo. I pubblicani e i peccatori, invece, si considerano gente perduta, lontani da Dio, tutt’altro che pii e religiosi, immersi nel peccato. Erano perciò convinti di non potersi aiutare da sé e che l’unico loro aiuto era la grazia di Dio e la sua misericordia. Dio guarda al cuore dell’uomo che se ha coscienza della propria meschinità, dei propri limiti, della propria debolezza, del proprio peccato, in fondo cerca Dio, lo desidera ed è disposto a ricevere la sua grazia. Un uomo siffatto è malato, ma proprio per questo cerca il medico. È vuoto, ma proprio questo vuoto è un appello alla pienezza che solo Dio può dare. Egli è giunto al vicolo cieco della sua vita e proprio per questo è pronto per il ritorno, per la conversione.