Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, Gesù, quando fu vicino a Gerusalemme, alla vista della città pianse su di essa dicendo:
«Se avessi compreso anche tu, in questo giorno, quello che porta alla pace! Ma ora è stato nascosto ai tuoi occhi.
Per te verranno giorni in cui i tuoi nemici ti circonderanno di trincee, ti assedieranno e ti stringeranno da ogni parte; distruggeranno te e i tuoi figli dentro di te e non lasceranno in te pietra su pietra, perché non hai riconosciuto il tempo in cui sei stata visitata».
Riflessione a cura di Don Pasquale Somma:
Gesù piange, poiché ama la sua patria, la sua gente, la capitale della sua terra, il Tempio. Piange, perché sa che tutto sarà distrutto per colpa della sua gente che non sa rendersi conto della chiamata di Dio nei fatti della vita. La gente non si rende conto del cammino che la potrebbe portare alla Pace. Gesù descrive ciò che succederà a Gerusalemme. Usa le immagini di guerra che erano comuni in quel tempo quando un esercito attaccava una città: trincee, uccisione della gente e distruzione totale delle mura e delle case. Così, nel passato, così anche oggi. Così, le legioni romane solevano fare con le città ribelli e così sarà fatto di nuovo. Infatti, nell’anno 70, Gerusalemme fu accerchiata ed invasa dall’esercito romano. Fu distrutto tutto. Dinanzi a questo sfondo storico, il gesto di Gesù diventa un’avvertenza molto seria per tutti coloro che travisano il senso della Buona Novella di Gesù. Loro dovevano ascoltare l’avvertenza finale: “Perché non hai riconosciuto il tempo in cui sei stata visitata”. In questa avvertenza, tutto ciò che fa Gesù è definito come una “visita di Dio”. Anche se Gesù era il Figlio di Dio, egli visse come ogni comune essere umano. Egli dovette vivere per fede. Fu attaccato dal mondo, dalla carne e dal diavolo. Da un lato egli veniva costantemente tentato e dall’altro aveva sempre qualcuno che cercava di ucciderlo. Egli pregava con intensità (Gc 5,16-17).
Aveva piena coscienza delle battaglie spirituali e dei pericoli che lo circondavano. Niente era dato per scontato. Se egli dovette pregare con violenza, energia e persino con le lacrime per poter camminare in santità e divinità nella sua vita terrena, quanto di più dovremmo far noi!
La preghiera era per lui una questione di vita o di morte ogni giorno. Ciò dovrebbe spingerci verso una rinnovata urgenza ed energia nella nostra vita di preghiera. Queste tre passioni che fecero piangere Gesù – salvare l’uomo dalla morte; stabilire il Regno a Gerusalemme e una fervente preghiera d’intercessione – dovrebbero costituire anche le passioni della nostra vita se siamo DAVVERO in Cristo!
Messaggio da Radio Vaticana:
NIENTE PORTE BLINDATE NELLA CHIESA PERCHÈ LA PORTA DELLA MISERICORDIA DI DIO È SEMPRE APERTA”.
Questo l’invito di Papa Francesco all’udienza generale in Piazza San Pietro, durante la quale ha esortato i fedeli a varcare quella porta, alla vigilia del Giubileo, secondo gli incoraggiamenti del Sinodo dei Vescovi appena celebrato. Il servizio di Giada Aquilino:
Chiesa: nente porte blindate, tutto aperto!
Di fronte a suoi figli e alle sue figlie “in cammino, a volte “incerti”, a volte “smarriti”, ancor di più “in questi tempi difficili” la Chiesa è chiamata “ad aprire le sue porte”. All’udienza generale dedicata alla famiglia, Papa Francesco riflette sul tema della ‘porta dell’accoglienza’, “alle soglie” del Giubileo della misericordia: ci sono “ancora” posti nel mondo – osserva – in cui “non si chiudono le porte a chiave”; ma ce ne sono “tanti” dove le porte blindate sono diventate “normali”:
“Non dobbiamo arrenderci all’idea di dover applicare questo sistema, che anche è di sicurezza, a tutta la nostra vita, alla vita della famiglia, della città, della società. E tanto meno alla vita della Chiesa. Sarebbe terribile! Una Chiesa inospitale, così come una famiglia rinchiusa su sé stessa, mortifica il Vangelo e inaridisce il mondo. Niente porte blindate nella Chiesa, niente! Tutto aperto!”.
Porta del nostro cuore riceva tutti
“Approfittiamo” dell’occasione dell’Anno Santo, esorta Francesco, per varcare “la soglia di questa misericordia di Dio che mai si stanca di perdonare, mai si stanca di aspettarci”: perché davanti a noi sta la porta santa, ma anche quella “grande” della misericordia di Dio. L’invito è dunque a entrare, con coraggio, “per questa porta”:
“Che sia anche la porta del nostro cuore per ricevere tutti, sia il perdono di Dio o dare il nostro perdono, accogliendo tutti quelli che bussano alla nostra porta”.
Chiese facciano uscire Gesù prigioniero delle nostre strutture
Al contempo l’esortazione è a “uscire con il Signore”:
“Se la porta della misericordia di Dio è sempre aperta, anche le porte delle nostre chiese, dell’amore delle nostre comunità, delle nostre parrocchie, delle nostre istituzioni, delle nostre diocesi, devono essere aperte, perché così tutti possiamo uscire a portare questa misericordia di Dio. Il Giubileo significa la grande porta della misericordia di Dio ma anche le piccole porte delle nostre chiese aperte per lasciare entrare il Signore – o tante volte uscire il Signore – prigioniero delle nostre strutture, del nostro egoismo e tante cose”.
Ospitalità e accoglienza, senza prepotenze né invasioni
Sottolinea come il Signore chieda sempre “permesso”, non forzi la porta. E lo sguardo del Papa va all’oggi:
“La gestione simbolica delle ‘porte’ – delle soglie, dei passaggi, delle frontiere – è diventata cruciale. La porta deve custodire, certo, ma non respingere. La porta non dev’essere forzata, al contrario, si chiede permesso, perché l’ospitalità risplende nella libertà dell’accoglienza, e si oscura nella prepotenza dell’invasione”.
Tanti hanno perso la fiducia di bussare alle porte del nostro cuore cristiano
La porta, aggiunge ancora Francesco, va aperta “frequentemente”, per vedere se fuori c’è qualcuno che aspetta e magari non ha né il “coraggio”, né la “forza” di bussare:
“Quanta gente ha perso la fiducia, non ha il coraggio di bussare alla porta del nostro cuore cristiano, alle porte delle nostre chiese… E sono lì, non hanno il coraggio, gli abbiamo tolto la fiducia: per favore, che questo non accada mai”.
Custodi delle porte abbiano accortezza e gentilezza
D’altra parte, riflette il Pontefice, la gestione della porta richiede “attento discernimento” ma deve pure “ispirare grande fiducia”. Per questo ringrazia “tutti i custodi delle porte”: dei condomini, delle istituzioni civiche, delle chiese, le cui “accortezza” e “gentilezza” offrono spesso “un’immagine di umanità e di accoglienza all’intera casa, già dall’ingresso”.
“C’è da imparare da questi uomini e donne, che sono custodi dei luoghi di incontro e di accoglienza della città dell’uomo! A tutti voi custodi di tante porte, siano porte di abitazioni, siano porte delle chiese, grazie tante! Ma sempre con un sorriso, sempre mostrando l’accoglienza di quella casa, di quella chiesa, così la gente si sente felice e accolta in quel posto”.
La Porta di Dio è Gesù
Gesù, ricorda il Papa, “è la Porta di Dio”, è Lui che “ci fa entrare e uscire”:
“Sono i ladri, quelli che cercano di evitare la porta: è curioso, i ladri cercano sempre di entrare da un’altra parte, dalla finestra, dal tetto ma evitano la porta, perché hanno intenzioni cattive, e si intrufolano nell’ovile per ingannare le pecore e approfittare di loro. Noi dobbiamo passare per la porta e ascoltare la voce di Gesù: se sentiamo il suo tono di voce, siamo sicuri, siamo salvi”.
Chiesa ‘portinaia’ non padrona della casa del Signore
Ed è sempre il Signore, buon Pastore, ricorda il Papa ripercorrendo le letture odierne, che con la sua “voce” conduce le “pecore”, anche quelle che erano “sperdute nei boschi”, fino al guardiano, che ha il compito di aprire le porte:
“Le pecore non le sceglie il guardiano, non le sceglie il segretario parrocchiale o la segretaria della parrocchia; le pecore sono tutte invitate, sono scelte dal buon Pastore. Il guardiano – anche lui – obbedisce alla voce del Pastore. Ecco, potremmo ben dire che noi dobbiamo essere come quel guardiano. La Chiesa è la portinaia della casa del Signore, la Chiesa è la portinaia, non è la padrona della casa del Signore”.
Famiglie cristiane siano segno dell’accoglienza di Dio
Citando la Santa Famiglia di Nazareth, che ha ben compreso il significato di “una porta aperta o chiusa”, soprattutto “per chi aspetta un figlio, per chi non ha riparo, per chi deve scampare al pericolo”, la sollecitazione del Papa alle famiglie cristiane è a fare “della loro soglia di casa un piccolo grande segno della Porta della misericordia e dell’accoglienza di Dio”, in modo che la Chiesa sia riconosciuta “in ogni angolo della terra” come la custode di un Dio accogliente “che – afferma il Papa – non ti chiude la porta in faccia”.
Saluti finali: interessi politici o economici non prevalgano
Nei saluti finali nelle varie lingue, il Papa si rivolge tra l’altro ai pellegrini polacchi presenti e in particolare ai rappresentanti del Sindacato autonomo dei lavoratori “Solidarnosc”, ricordando che “da trentacinque anni” la loro realtà “si impegna a favore del mondo del lavoro, sia fisico, che intellettuale, nonché per la tutela dei diritti fondamentali della persona e delle società”. L’invito è ad essere “fedeli a questo impegno, affinché gli interessi politici o economici non prevalgano sui valori che costituiscono l’essenza della solidarietà umana”.
Il dono delle vocazioni
Quindi Francesco anticipa che sabato prossimo, 21 novembre, la Chiesa ricorda la Presentazione di Maria Santissima al Tempio.
“In tale circostanza ringraziamo il Signore per il dono della vocazione degli uomini e delle donne che, nei monasteri e negli eremi, hanno dedicato la loro vita a Dio. Affinché le comunità di clausura possano compiere la loro importante missione, nella preghiera e nel silenzio operoso, non facciamo mancare la nostra vicinanza spirituale e materiale”.
(Da Radio Vaticana)