In quel tempo, Gesù prese a parlare alle folle del regno di Dio e a guarire quanti avevano bisogno di cure. Il giorno cominciava a declinare e i Dodici gli si avvicinarono dicendo: «Congeda la folla perché vada nei villaggi e nelle campagne dei dintorni, per alloggiare e trovare cibo: qui siamo in una zona deserta». Gesù disse loro: «Voi stessi date loro da mangiare». Ma essi risposero: «Non abbiamo che cinque pani e due pesci, a meno che non andiamo noi a comprare viveri per tutta questa gente». C’erano infatti circa cinquemila uomini. Egli disse ai suoi discepoli: «Fateli sedere a gruppi di cinquanta circa». Fecero così e li fecero sedere tutti quanti. Egli prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò su di essi la benedizione, li spezzò e li dava ai discepoli perché li distribuissero alla folla. Tutti mangiarono a sazietà e furono portati via i pezzi loro avanzati: dodici ceste.
A cura di Don Pasquale Somma:
Gesù realizza il segno dei pani nella linea della predicazione e del soccorso alle persone, come rinforzo alla centralità della sua missione, fra l’altro in reazione alla fretta dei discepoli di congedare la folla e chiudere la giornata di lavoro. Nella mia riflessione, parto dalla smania che – al contrario – avevo, compiuto il ciclo della formazione, di “dire Messa”. Ripensando oggi capisco certo l’entusiasmo dei miei ventinove anni, ma ora ho chiaro che in me c’era lo stesso malinteso dei Dodici. La superficialità nella celebrazione, perché magari si deve correre all’università o si hanno appuntamenti importanti come la smania, l’enfasi che si pone nella Messa, rivelano un distacco dal vero bene delle anime; alle persone non serve l’attivismo né la cura maniacale della liturgia, ma l’umiltà e la semplicità di qualcuno che sappia stare in mezzo a tutti solo nel nome di Gesù. Allora, l’Eucaristia diventa davvero Sacramento della vita nel Signore, compimento di una celebrazione dell’amore salvifico già iniziata nell’esistenza. D’altra parte, l’Eucaristia devotamente celebrata, in osservanza delle norme liturgiche, in piena coscienza dello Spirito che anima e si rende presente anche nei piccoli segni e nelle formule, spinge senza indugio verso una vita sempre più impegnata, in stile apostolico. Quello che dico per il presbitero vale per ogni credente. Non si “va a Messa”, tanto meno si va a Messa perché uno “se lo sente”, non perché si è “segnata la Messa” per qualche defunto, per qualche intenzione o per “ricevere Gesù”; c’è un solo motivo centrale per partecipare al Mistero del Corpo e Sangue di Cristo, ed è quello di voler offrire la propria persona al Padre in comunione con il Figlio, attraverso lo Spirito, partendo dalla vita quotidiana fino al Santo Altare, assieme alla comunità dei fratelli e delle sorelle nella fede.