In quel tempo, mentre Gesù andava per la strada, un tale gli corse incontro e, gettandosi in ginocchio davanti a lui, gli domandò: «Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?». Gesù gli disse: «Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, se non Dio solo. Tu conosci i comandamenti: “Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso, non frodare, onora tuo padre e tua madre”». Egli allora gli disse: «Maestro, tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza». Allora Gesù fissò lo sguardo su di lui, lo amò e gli disse: «Una cosa sola ti manca: va’, vendi quello che hai e dallo ai poveri, e avrai un tesoro in cielo; e vieni! Seguimi!». Ma a queste parole egli si fece scuro in volto e se ne andò rattristato; possedeva infatti molti beni. Gesù, volgendo lo sguardo attorno, disse ai suoi discepoli: «Quanto è difficile, per quelli che possiedono ricchezze, entrare nel regno di Dio!». I discepoli erano sconcertati dalle sue parole; ma Gesù riprese e disse loro: «Figli, quanto è difficile entrare nel regno di Dio! È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio». Essi, ancora più stupiti, dicevano tra loro: «E chi può essere salvato?». Ma Gesù, guardandoli in faccia, disse: «Impossibile agli uomini, ma non a Dio! Perché tutto è possibile a Dio».
A cura di Don Pasquale Somma:
Gesù ha l’occasione di chiarire maggiormente il mistero del Regno: occorre lasciarsi trasfigurare dall’azione di Dio in noi, ammettendo come personalmente possibile per noi l’impossibile di Dio, che è molto più reale di tutti i calcoli umani. Al di fuori di questa prospettiva, l’osservanza scade in esteriorità, il discepolato si inaridisce nella ricerca di sicurezze umane, la ricerca della salvezza perde il suo centro di gravità nella grazia, Dio diventa a poco a poco Qualcuno a cui chiedere o aggrapparsi, ma senza affidamento alla sua totale e libera iniziativa.
L’interlocutore rivolge a Gesù una domanda che, per quanto ricca di pietà, rimane una sua domanda, frutto di sue esigenze, conclusione di un suo ragionamento. Gesù porta il dialogo su un livello diverso: non sui concetti, perché il buono non è una rappresentazione mentale, ma una persona: Dio; non sul fare, perché noi e “quel tale” conosciamo i comandamenti; non sulla vita eterna, perché tutto si gioca nel qui e ora; infine, nemmeno sui beni, perché nulla conta tenerli, né a nulla servirebbe lasciarli, se poi non ci si conosce, per rientrare in sé, e così ripartire da sé verso il mondo. Limite intrinseco a ogni vocazione è il ritenere che possedere buone disposizioni possa costituire una premessa alla sequela di Gesù. È vero, invece, il contrario, cioè l’accoglienza dell’invito di Gesù è la premessa di tutto quello che verrà. Questo almeno per due motivi. Il primo è l’origine della chiamata: essa risiede nell’iniziativa, personalissima e completamente libera di Gesù, di non appoggiarsi su una qualche nostra qualità. Il secondo è la qualità della chiamata: essa consiste nel porre la propria storia personale all’interno della Storia di Gesù, come ho ripetuto più volte: la sua Storia come Gesù di Nazaret e Cristo Signore nella Gloria, dalla sua nascita, anzi, dalla sua preesistenza fino alla sua esaltazione di Risorto. Si può conoscere bene chi sia Gesù senza averlo mai veramente incontrato. Si può andare a Lui con le nostre migliori intenzioni, eppure non essere capaci di ascoltarlo in assoluta umiltà. Si potrebbe essere liberi da ogni interesse umano, eppure fare di questa qualità interiore un idolo personale, piuttosto che un’offerta libera, nelle mani della libertà del Maestro.
Gesù osa, ma prima lo ama intensamente, riempie il suo cuore di possibilità, osa chiedere perché sa donare senza misura: gli chiede di lasciare tutto per trovare il Tutto. Lo sguardo entusiasta del giovane si spegne, ora. Se ne va triste perché non ha il coraggio di osare Dio. Quante volte anche noi commettiamo lo stesso terribile errore! Abbiamo paura di lasciare il poco di cui siamo certi per conquistare il tutto ipotetico della sequela di Cristo! Una pagina amara ma splendida, quella di oggi, che ancora ci ricorda di come solo il coraggio di osare può farci trovare la pienezza di cui andiamo cercando. Gesù pretende di essere più grande della più grande gioia che possiamo sperimentare. E se avesse ragione?