Matteo 23,1-12

Pubblicato giorno 23 febbraio 2016 - In home page, Riflessioni al Vangelo

In quel tempo, Gesù si rivolse alla folla e ai suoi discepoli dicendo: «Sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli scribi e i farisei. Praticate e osservate tutto ciò che vi dicono, ma non agite secondo le loro opere, perché essi dicono e non fanno. Legano infatti fardelli pesanti e difficili da portare e li pongono sulle spalle della gente, ma essi non vogliono muoverli neppure con un dito. Tutte le loro opere le fanno per essere ammirati dalla gente: allargano i loro filattèri e allungano le frange; si compiacciono dei posti d’onore nei banchetti, dei primi seggi nelle sinagoghe, dei saluti nelle piazze, come anche di essere chiamati “rabbì” dalla gente. Ma voi non fatevi chiamare “rabbì”, perché uno solo è il vostro Maestro e voi siete tutti fratelli. E non chiamate “padre” nessuno di voi sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello celeste. E non fatevi chiamare “guide”, perché uno solo è la vostra Guida, il Cristo. Chi tra voi è più grande, sarà vostro servo; chi invece si esalterà, sarà umiliato e chi si umilierà sarà esaltato».

Riflessione a cura di Don Pasquale Somma:

Nel suo discorso, Gesù sottolinea come si debba distinguere tra la persona e il ruolo che essa svolge. Il Maestro, infatti, chiede ai suoi uditori di osservare e praticare ciò che i farisei dicono, ma di non agire come loro. Verrebbe spontaneo chiedere a Gesù che valore abbia la parola di una persona che non vive essa stessa quel che va proclamando. È qui che il gruppo dei discepoli deve distinguersi dai farisei. Nelle comunità cristiane tutti si devono considerare fratelli, senza elevare uno a “padre” o a “guida”, perché solo Dio è nostro padre e solo Cristo è la nostra guida. Questo brano del Vangelo sembrerebbe perciò in contrasto con la realtà di “autorità” e di “gerarchia” presente nella Chiesa. Chiamiamo “Santo Padre” il vescovo di Roma e “padre” ogni sacerdote religioso, proprio come facevano i farisei. Ma non è questo il messaggio: contraddirebbe quanto poco prima Gesù stesso aveva fatto, dando a Pietro il ruolo di capo della Chiesa. Il ruolo del papa, dei vescovi e di qualsiasi religioso, non è quello di farsi ammirare e riverire – come pretendevano i farisei – ma di guidare la Chiesa con umiltà. Non sono loro a ideare la dottrina. Come Padre, abbiamo Dio, e, come Maestro, Gesù. Il papa, i vescovi, i religiosi – i catechisti! – non hanno quindi il diritto di ergersi, di esaltarsi in quanto maestri, ma possono solo umilmente servire ripetendo, riportando, riproponendo, ciò che il Signore ha insegnato. E per farlo bene essi stessi devono porsi all’ascolto di quanto ha da dire Dio, che è Padre anche del papa! Siamo fratelli, e a quanto viene predicato, a quanto è fissato come norma per i cristiani, deve attenersi anche chi ha autorità nella Chiesa. E, infine, ricordiamo che chi sale sulla cattedra non è stato eletto da un popolo che lo acclama, come accade ai politici, ma è scelto da Dio. Solo per questa ragione, dunque, i cristiani si rivolgono con deferenza e particolare rispetto a coloro che, nella Chiesa, hanno la responsabilità di insegnare e guidare il popolo nel cammino di santità che tutti – papi, vescovi e sacerdoti inclusi – siamo invitati a seguire.