Mc 1,21-28

Pubblicato giorno 12 gennaio 2016 - In home page, Riflessioni al Vangelo

21Gesù, entrato di sabato nella sinagoga di Cafàrnao, insegnava. 22Ed erano stupiti del suo insegnamento: egli infatti insegnava loro come uno che ha autorità, e non come gli scribi.23Ed ecco, nella loro sinagoga vi era un uomo posseduto da uno spirito impuro e cominciò a gridare, 24dicendo: «Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? Io so chi tu sei: il santo di Dio!». 25E Gesù gli ordinò severamente: «Taci! Esci da lui!». 26E lo spirito impuro, straziandolo e gridando forte, uscì da lui. 27Tutti furono presi da timore, tanto che si chiedevano a vicenda: «Che è mai questo? Un insegnamento nuovo, dato con autorità. Comanda persino agli spiriti impuri e gli obbediscono!». 28La sua fama si diffuse subito dovunque, in tutta la regione della Galilea.

Riflessione a cura di Don Pasquale Somma:

Insieme ai discepoli appena chiamati entriamo anche noi nella sinagoga di Cafarnao, dove già c’è molta gente. Lì Gesù compie gesti usuali: ogni sabato qualcuno si alzava, prendeva un rotolo, lo apriva, leggeva e insegnava. Ma quel sabato fu una cosa diversa. Non viene esplicitato il contenuto dell’insegnamento di Gesù, ma si dice innanzitutto la reazione che suscita: gli ascoltatori erano scossi perché stava insegnando loro come uno che ha autorità e non come gli scribi, che pure avevano il “ruolo” dell’autorità. Ma il loro insegnamento non faceva che riproporre un bagaglio di nozioni da tramandare e ripetere che non stupiva più nessuno. Le loro parole erano logore, vecchie, senza brividi di profezia. Parole da cui salvarsi e non parole che salvano. Nelle parole di Gesù c’era invece la passione del profeta e il profumo del silenzio, erano parole dentro la storia degli uomini e delle donne del suo tempo. Parole in verità, parole incarnate in Lui, tutto corpo con Lui e per questo autorevoli.

E proprio in quel luogo conosciuto emerge un uomo con uno spirito immondo, forse il degno rappresentante di ciascuno dei presenti, anche nostro. E’ l’unico ad essere realmente scosso ed è l’unico che sarà totalmente cambiato da ciò che avviene. Assistiamo all’incontro tra la santità di Dio fattasi umana in Gesù, che è forza di comunione, e l’impurità di quest’uomo, che è la nostra stessa impurità, che è potenza di chiusura totale, di mancanza di relazioni.

L’uomo lancia un grido al plurale perché la sua identità è in crisi, il male è un tutt’uno con lui ed è il vero soggetto delle sue parole: “Che c’è tra noi e te? Sei venuto a rovinarci?”. Gesù non spiega né esaudisce la sua richiesta, ma dice una parola che salva e porta a compimento la domanda più profonda e inespressa che sta dentro l’uomo, il suo desiderio di libertà. Gesù dissocia il male dal malato e questo diventa esplicito nelle sue parole: “Taci ed esci da lui”. “Taci” non alla persona ma al male, a quel male che dentro di lui e dentro di noi parla e ci sfigura. E tale liberazione ridona l’uomo a se stesso, alla sua verità, al suo destino, alla sua vocazione di essere libero. La meraviglia della gente era per quelle semplici parole che non si erano perse nell’aria ma erano finalmente accadute.

Lasciamoci stupire anche noi come la folla per iniziare a interrogarci. Quali sono gli spiriti impuri che agiscono in noi? Le sicurezze, i principi meramente umani, le ideologie dominanti parlano in noi? Siamo resi schiavi dalle nostre storie più o meno coscienti, dalle nostre paure che ci paralizzano e ci privano di una parola originale? Lì dove ci riconosciamo imprigionati Gesù si fa incontro a ciascuno di noi, ci offre la sua presenza e la sua parola capace di zittire le voci non nostre per svelare l’umanità nascosta nel nostro cuore. E nel silenzio, nel silenzio di questo stesso cuore, ci restituisce alla nostra dignità, ci ridona un cuore di uomo e di donna capaci di risposta, liberi e responsabili.