Dal Vangelo secondo Marco
In quel tempo, Gesù diceva alla folla: «Viene forse la lampada per essere messa sotto il moggio o sotto il letto? O non invece per essere messa sul candelabro? Non vi è infatti nulla di segreto che non debba essere manifestato e nulla di nascosto che non debba essere messo in luce. Se uno ha orecchi per ascoltare, ascolti!».
Diceva loro: «Fate attenzione a quello che ascoltate. Con la misura con la quale misurate sarà misurato a voi; anzi, vi sarà dato di più. Perché a chi ha, sarà dato; ma a chi non ha, sarà tolto anche quello che ha».
Riflessione a cura di Don Pasquale Somma:
La Parola di Dio è luce che rischiara la notte del mondo. Ma se rimane nel libro chiuso della Bibbia, è come una lampada sotto il moggio. «Chi ha orecchi per ascoltare, ascolti!… Fate attenzione a “come” ascoltate»: Gesù chiede un ascolto attento, che richiede il coraggio di lasciarsi contestare dalla Parola, per cambiare la propria vita e lasciarsi plasmare dal Vangelo.
«Viene forse la lampada per essere messa sotto […] o sul candelabro?»: la luce ha una dimensione di alterità e di “altità”: proviene dall’Altro e dall’Alto. La luce è Cristo Gesù, che mi obbliga a prendere posizione e a fare discernimento. Dove non c’è luce non ci sono differenze e neanche sfumature: tutto è indistinto, confuso. Nella luce si colgono le differenze, le distanze, le distinzioni; c’è quindi la possibilità di riconoscersi e riconoscere, di scegliere e amare. La chiarezza della luce rende possibili le relazioni fondate sulla verità e sull’accettazione delle diversità degli altri. Chi è illuminato diviene luminoso per far luce agli altri. In realtà noi non siamo luce ma lampada, un semplice vaso di terracotta con uno stoppino fuligginoso. Noi facciamo luce solo se siamo accesi di Cristo, dal fuoco del suo amore. La lampada non esiste per se stessa, né la si accende per renderla più bella. Essa è in funzione delle persone e dell’ambiente da illuminare. Anzi, quando è accesa ci si dimentica di essa, perché ciò che conta è la luce che emana e di cui tutti hanno bisogno. Per questo la Chiesa deve sentire la “nostalgia” dei luoghi bui: è stata voluta proprio per far luce nelle oscurità del mondo. Se una casa è buia quando sopraggiunge la notte, non ha senso incolpare la casa; dobbiamo piuttosto chiederci: dov’è la luce? Allo stesso modo, se la società naviga nel buio, non ha senso incolpare solo la società (che poi siamo tutti noi); dobbiamo invece chiederci: dove sono i cristiani? I discepoli di allora e di ogni tempo sono responsabili del Vangelo, che devono annunciare, vivere, testimoniare. Ma è indispensabile farsi ascoltatori della Parola. Davanti alla Parola non si può restare indifferenti: occorre lasciarsi interpellare; occorre accoglierla dentro di noi e permettere che agisca e ci trasformi nelle nostre convinzioni, nel nostro modo di pensare, di agire, di vivere le relazioni con il Signore e con gli altri. Solo così saremo luce da Luce, lampada posta sul candelabro.
Anche in situazioni drammatiche come l’olocausto possiamo cogliere la luce nella notte…”La notte” di Elie Wiesel: Mai dimenticherò quella notte, la prima notte nel campo, che ha fatto della mia vita una lunga notte e per sette volte sprangata.
Mai dimenticherò quel fumo.
Mai dimenticherò i piccoli volti dei bambini di cui avevo visto i corpi trasformarsi in volute di fumo sotto un cielo muto.
Mai dimenticherò quelle fiamme che bruciarono per sempre la mia Fede.
Mai dimenticherò quel silenzio notturno che mi ha tolto per l’eternità il desiderio di vivere.
Mai dimenticherò quegli istanti che assassinarono il mio Dio e la mia anima, e i miei sogni, che presero il volto del deserto.
Mai dimenticherò tutto ciò, anche se fossi condannato a vivere quanto Dio stesso. Mai.
La notte” di Elie Wiesel