Dal Vangelo secondo Marco
In quel tempo, Gesù diceva alla folla: «Così è il regno di Dio: come un uomo che getta il seme sul terreno; dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce. Come, egli stesso non lo sa. Il terreno produce spontaneamente prima lo stelo, poi la spiga, poi il chicco pieno nella spiga; e quando il frutto è maturo, subito egli manda la falce, perché è arrivata la mietitura».
Diceva: «A che cosa possiamo paragonare il regno di Dio o con quale parabola possiamo descriverlo? È come un granello di senape che, quando viene seminato sul terreno, è il più piccolo di tutti i semi che sono sul terreno; ma, quando viene seminato, cresce e diventa più grande di tutte le piante dell’orto e fa rami così grandi che gli uccelli del cielo possono fare il nido alla sua ombra».
Con molte parabole dello stesso genere annunciava loro la Parola, come potevano intendere. Senza parabole non parlava loro ma, in privato, ai suoi discepoli spiegava ogni cosa.
Rilfessione a cura di Don Pasquale Somma:
Dopo la lunga parabola del seminatore e la sua spiegazione, Marco presenta una piccola parabola che non ha paralleli negli altri Vangeli. Essa descrive una realtà “ordinaria” sotto gli occhi di tutti e pone l’attenzione su ciò che, pur nella sua “banalità”, è sorprendente: il seme gettato nella terra germoglia certamente e cresce, perché possiede una forza irresistibile e misteriosa che lo sostiene. È la parabola della silenziosa fiducia e della serena pazienza di Dio.
«Così è il regno di Dio: come un uomo che getta il seme…»: Gesù cerca delle similitudini per descrivere il Regno di Dio; suggerisce ma non definisce; indica sentieri percorribili ma non mete afferrabili e gestibili dal presuntuoso orgoglio umano. Il Regno di Dio è sempre un “come” che si snoda in tre tempi: tempo della semina, tempo del germoglio e della crescita, tempo della maturità. Tre sono i protagonisti: il contadino, il seme, la terra. La parabola vuole catturare l’attenzione sul tempo intermedio, il “tra” che viene dopo la semina e prima del raccolto: qui c’è il lento e decisivo tempo della misteriosa crescita. Il contadino è impotente ma non impaziente; egli non può far nulla se non passare il tempo fra riposo e attesa vigilante, con fiducia, pazienza, serenità. Il tempo del contadino è brevissimo, quello del seme, invece, molto lungo. Il seme, nel silenzio del solco, va spegnendo ogni gemito vitale perché “altro” possa divenire. Non c’è rumore nel fecondo silenzio del seme, non c’è frastuono nel suo germogliare e neppure nel suo offrirsi alla falce del contadino. Tutto avviene invisibilmente, misteriosamente e silenziosamente. La vera feconda crescita della vita non fa mai rumore! Così è del Regno di Dio: posto nella storia come un seme, germoglia e cresce silenziosamente, e spontaneamente si offre all’uomo come dono. Esso è opera di Dio, non degli uomini. L’unico compito di noi cristiani è annunciare e testimoniare lo “scandalo” e la bellezza del Vangelo. A noi non resta che vivere nel “tra” della storia, tesa fra il già e il non ancora, con un atteggiamento di vigilante fiducia. Non con l’affanno dell’organizzazione e neppure con l’ansia dell’efficienza, ma con affidamento e vigilante pazienza. Dal nulla di un seme, e nonostante ogni insuccesso, Dio, senza mai arrestarsi, conduce a compimento ciò che ha iniziato. Occorre fare sul serio con Dio, contare veramente su di Lui, a dispetto di ogni apparenza e impazienza.