Dal Vangelo secondo Matteo
Mentre scendevano dal monte, i discepoli domandarono a Gesù: «Perché dunque gli scribi dicono che prima deve venire Elìa?».
Ed egli rispose: «Sì, verrà Elìa e ristabilirà ogni cosa. Ma io vi dico: Elìa è già venuto e non l’hanno riconosciuto; anzi, hanno fatto di lui quello che hanno voluto. Così anche il Figlio dell’uomo dovrà soffrire per opera loro».
Allora i discepoli compresero che egli parlava loro di Giovanni il Battista.
Riflessione a cura di Don Pasquale Somma:
Ai tempi di Gesù, Elìa era riconosciuto come il più grande profeta di tutti i tempi. Vissuto in tempi di paganesimo dilagante, era rimasto solo a difendere la fedeltà all’Alleanza con Dio; Israele vive nell’idolatria adorando i nuovissimi Baal, divinità cananee, portate dalla regina Gezabele. Elìa lanciò una sfida ai 400 sacerdoti di Baal, per dimostrare quale fosse il Dio autentico davanti al popolo; sfida che si era risolta con una schiacciante vittoria di Elìa. Questo profeta passionale e pieno di zelo, sofferente e tragico, non era morto, ma era scomparso tra le nubi su di un carro di fuoco. Il popolo d’Israele non aveva un corpo da seppellire, né una tomba da venerare e attendeva il suo ritorno perché a lui era collegata la venuta del Messia. Il profeta doveva preparare la strada al Messia. Non si tratta di un ritorno fisico di Elìa, ma dell’apparizione di un profeta che avrebbe ricalcato le orme del grande profeta Elìa. In questo senso, non era difficile dire che l’Elìa atteso, in realtà, era già venuto: si trattava di Giovanni il Battista, come Elìa pieno di zelo e di rabbia contro il malcostume del popolo. Ma il nuovo Elìa non è stato riconosciuto; è stato visto come un fenomeno da baraccone. Tragico destino dei profeti di ieri e di oggi, troppe volte scambiati per fenomeni da baraccone, ignorati e non accolti, che suscitano stupore ma non conversione, messi da parte o uccisi. Attenti a non ripetere lo stesso errore, impariamo a riconoscere i tanti segni di profezia che accompagnano la nostra vita, senza sminuirli o interpretarli secondo le nostre categorie, che “costringono” gli avvenimenti ad andare secondo una sequenza ben precisa mentre, in realtà, vanno in modo diverso da come ce lo aspettiamo.