È tempo di Natale:ogni luminaria,ogni vetrina,ogni pubblicità di auguri e buone feste ce lo ricordano continuamente.Siamo tutti in subbuglio, indaffarati per il regalo più bello e giusto da regalare e per il cenone da preparare. Ma il Natale può essere ricordato soltanto come un periodo di ferie dalla scuola e dal lavoro,o come un periodo in cui ricevere e fare regali? Oppure c’è di più?
Il Natale non ha bisogno di tutti questi ornamenti per essere vissuto e ricordato,molte volte ci dimentichiamo che ogni anno in quella notte gelida un Dio si è fatto carne ed è diventato UOMO,è diventato una persona, quindi il miglior regalo che possiamo essere e che possiamo fare agli altri è noi stessi.
Non sono solite parole da omelia,ma appartengono ad un’esperienza realmente vissuta,quella del pranzo comunitario parrocchiale,svoltosi sabato 19 dicembre nella parrocchia del Carmine,dove anziani,giovani,ragazzi disabili,insieme al Vescovo,hanno trascorso un pomeriggio in allegria tra canti,danze,delizie, brindisi ecc…,e dove giovani volontari hanno prestato loro servizio,sedendo e mangiando tra di loro,li hanno conosciuti,hanno scherzato con loro e hanno ceduto il loro posto a chi era venuto in ritardo,trattandoli come il primo arrivato.
Si proprio quel tempo che si rincorre per fare regali,può diventare tempo per “conoscere” gli altri,magari scoprendo molte volte quanto le diverse esperienze possano essere simili.
Il Natale non è l’ultimo modello dell’iPhone, un videogioco nuovo,ma è un posto vuoto ,che si lascia davanti ad un tavolo imbandito, in attesa di essere occupato. Il Natale è quella curva sul viso,chiamata sorriso,che fa stare bene gli altri soltanto con un piccolo gesto:quello di condividere e di essere condivisi con gli altri,senza pretendere nulla in cambio,che non si altro che amore.
Raffaela Zeffiro